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La Dieta FODMAP
Negli ultimi tempi se n’è sentita di ogni in fatto di diete e protocolli alimentari. Dalla dieta della mela a quella del gruppo sanguigno, senza parlare delle paleo o simil chetogeniche. Io personalmente ho sempre mal digerito questi regimi e generalmente non amo protocolli preimpostati. Penso che ogni soggetto abbia necessità di una alimentazione basata sui propri bisogni, sulla genetica e stile di vita.
La prima volta che sentii parlare della Fodmap subito pensai che fosse l’ennesima dieta per dimagrire creata ad hoc per far abboccare i soliti e per far arricchire qualche nuovo Guru.
Ma, come sono solito fare, ho voluto prima capire effettivamente di cosa si trattasse, con il solito intento di poter confutare e smascherare anche questa dieta.
Dopo poche letture mi sono dovuto però ricredere.
La dieta Fodmap:
– Non è un protocollo studiato per il dimagrimento.
– Si basa su correlazioni biochimiche coerenti. [1] [2] [3] [4] [5] [6] – è supportata da molta letteratura che ne consolida la sua efficacia. [7] [8] [9]
Cos’ è la dieta Fodmap?
La parola fodmap è l’acronimo di “fermentable oligo-saccharides, disaccharides, mono-saccharides and Polyols”. Si tratta di carboidrati a catena corta contenuti in diversi alimenti che, giunti nel colon, vengono fermentati dalla flora batterica.
In situazioni fisiologiche questi carboidrati non provocano problemi, ma in soggetti affetti da sindrome del colon irritabile o altre disfunzionalità del tratto intestinale possono provocare disturbi digestivi, variazione nella frequenza delle evacuazioni (diarrea o stipsi), gonfiore e dolore addominale.
Peter Gibson e Sue Shepherd, due ricercatori della Monash University di Melbourne, furono i primi a pubblicare studi in cui notarono che una dieta priva di questi glucidi migliorava il benessere intestinale.
Questo protocollo ha quindi l’obiettivo di eliminare temporaneamente tutti gli alimenti che contengono questi zuccheri, per un periodo che si aggira fra le 3/6 settimane, e successivamente reintrodurre progressivamente tutti i cibi esclusi. L’efficacia di questa dieto-terapia ha un successo del 70%, una percentuale molto incoraggiante.
Si stima che solo di sindrome dell’intestino irritabile soffrano il 15% degli italiani, in prevalenza donne di giovane età, e che questo numero possa incrementare a causa di abitudini alimentari e stili di vita sempre più scorretti. Questo spiega perché spesso sentiamo di amici o conoscenti che, pur non avendo riscontrato intolleranze o allergie, traggono beneficio dall’eliminazione di latticini e glutine, migliorando così disturbi gastrointestinali e gonfiore addominale. Infatti tra i fodmap troviamo il lattosio, zucchero contenuto nei latticini, e i fruttani, presenti in quasi tutti i cereali. Il problema è che, se in caso di allergie o intolleranze reintrodurre questi alimenti potrebbe non essere più possibile, nel caso di colon irritabile invece è possibile e sarebbe un peccato almeno non provarci. La completa eliminazione di alcuni cibi può provocare carenze nutrizionali e, anche dal punto di vista sociale, convivere per sempre con un’alimentazione priva di piatti tipici non è assolutamente semplice (non per niente i celiaci percepiscono un buono mensile per l’acquisto di prodotti senza glutine).
Conclusione.
Avere una buona funzionalità del tratto gastrointestinale è fondamentale per poter trarre beneficio da qualsiasi obiettivo dietetico ed è importante anche per poter rendere al meglio nella performance di una disciplina sportiva. Questo perché un intestino infiammato ha difficoltà ad assorbire correttamente i nutrienti e si può incorrere in ulteriori disturbi, come spossatezza e stanchezza cronica.
L’obiettivo della dieta fodmap è proprio quello di riportare ad uno stato fisiologico il nostro organismo, eliminando l’infiammazione diffusa a livello intestinale.
Il suo alto grado di efficacia, confermato da molteplici studi, la rende veramente un asso nella manica per risolvere queste problematiche.
ATTENZIONE. Questa dieta è indicata per chi soffre di disturbi intestinali. È importante che il soggetto intenzionato ad intraprendere questo percorso sia seguito da un professionista della nutrizione. Gli alimenti eliminati nella prima fase sono molti e si passa da cibi che possono anche non essere reintrodotti (junk food e bevande zuccherate) a frutta e verdura, importanti per un sano stile di vita. La fase successiva, quella della reintroduzione, è forse ancora più importante e delicata.
Bibliografia:
1. PA Cann, NW Read, C Brown, N Hobson e CD Holdsworth, Irritable bowel syndrome: relationship of disorders in the transit of a single solid meal to symptom patterns, in Gut microbes, vol. 24, n. 5, 1983, pp. 405–11, DOI:10.1136/gut.24.5.405, PMC 1419989, PMID 6840614
2. PA Cann, NW Read, C Brown, N Hobson e CD Holdsworth, Irritable bowel syndrome: relationship of disorders in the transit of a single solid meal to symptom patterns, in Gut microbes, vol. 24, n. 5, 1983, pp. 405–11, DOI:10.1136/gut.24.5.405, PMC 1419989, PMID 6840614
3. K Dear, M Elia e J Hunter, Do Interventions Which Reduce Colonic Bacterial Fermentation Improve Symptoms of Irritable Bowel Syndrome?, in Digestive diseases and sciences, vol. 50, n. 4, 2005, pp. 758–66, DOI:10.1007/s10620-005-2570-4, PMID 15844715
AUTORE DELL’ARTICOLO
Stefano Fuggetta
Laureato in Scienze Motorie e Scienze dell’Alimentazione.
Attualmente nutrizionista, personal trainer, istruttore presso Squash Point Palestra Torino.